1933
Mondadori crea la collana Medusa.
L'approdo internazionale: la Medusa
Erano quelli gli anni dell'autarchia culturale imposta dal regime fascista. Un periodo in cui le proposte di narrativa straniera furono decimate dai ripetuti divieti di tradurre scrittori inglesi, americani, francesi e persino tedeschi, se antinazisti.
Nonostante le restrizioni alle pubblicazioni Mondadori riesce comunque a creare la collana Medusa, caratterizzata dal fatto di essere aperta alle opere dei grandi autori della narrativa straniera contemporanea. Con la specificità però che le edizioni dovevano essere pubblicate in simultanea con gli originali.
Il primo volume della collana Medusa a vedere la luce, nel 1933, fu Il grande amico di Henri Alain-Fournier. Formato oblungo, ma ugualmente elegante e maneggevole; pagina compatta e ben marginata, numerazione centrale in basso. La scelta della Medusa come emblema della collana fu di Enrico Piceni, mentre Bruno Angoletta mitigò l'iconografia della mostruosa creatura, che pietrificava chiunque la fissasse. La testina stilizzata, con le ali che spuntavano dalla capigliatura, che da allora avrebbe fatto da sigillo a centinaia di titoli divenne parte integrante della copertina bianca e verde bordata di nero. La Medusa rappresentò così un'innovazione grafica, ma non solo.
Infatti, furono soprattutto i libri pubblicati a fare la differenza. Ancella dell'inglese Galsworthy, insignito del premio Nobel, esaurì le 5mila copie della prima edizione e ne ebbe altre quattro. Le storie di Giacobbe, primo volume della trilogia di Giuseppe e i suoi fratelli di Thomas Mann, Narciso e Boccadoro di Herman Hesse e tanti altri che furono pubblicati fino al 1971, anno di cessazione della collana.
Basti dire che nei due anni dalla creazione di Medusa vennero pubblicati 45 titoli, seguiti da un'altra quindicina l'anno successivo. Seguì un decennio di successi che aprì la strada ad alcune delle collane letterarie italiane più importanti, tra cui i Classici italiani.
La Medusa, inoltre, diede il via in Italia anche a una serie di nuove forme di professionalità, soprattutto a quella dei traduttori, che vide protagonisti scrittori del calibro di Cesare Pavese e Corrado Alvaro. Una figura professionale di responsabilità visto che toccava a loro, ove necessario, tagliare parti di testo o adattarle nei passaggi a maggiore rischio.